Il Partito Democratico alle ultime elezioni politiche ha preso il 33% dei voti. Ma dal 33% non si va da nessuna parte in nessuna parte del mondo. Bisogna trovare 15 punti, e dunque 3-4-5 milioni di voti. Quella del 13-14 aprile è stata la più grave sconfitta del centrosinistra dal 1948. Il centrosinistra infatti ha perso 3 milioni e 100 mila voti, il -5%. La differenza con il centrodestra – di ben 12 punti – è abissale. Si tratta dunque di una sconfitta epocale e c’è la possibilità che questo sia un “quarantotto”, che la traversata nel deserto duri decenni. Io non credo questo perché c’è la possibilità che la Lega e il Pdl implodano. Se lo scenario potrà essere questo, la domanda che va posta è: il PD ha una strategia verso l’elettorato di FI e della Lega per quando quei contenitori imploderanno? O ci si interroga su questo o la situazione diventa quella del PCI nel ’48, che aveva, come il PD oggi, il 33%. La tentazione del togliattismo. La risposta che il PD potrebbe avere la tentazione di dare è rinculare a sinistra per portarsi in un porto sicuro dove ricostituire le truppe e prepararsi alla battaglia di lunga durata (togliattismo). Non è una strategia ignobile, che negli anni ha funzionato. La domanda è: ha senso riproporre oggi quella strategia? L’interprete di questa strategia è Massimo D’Alema, quello che ha preso atto con più consapevolezza della portata della sconfitta elettorale. Dove vanno i voti persi dalla Sinistra radicale. I quasi 3 milioni persi dalla Sinistra radicale: vanno circa 1, 3 milioni al PD, circa 1 milione all’astensione, circa 700 mila all’Idv di Di Pietro. Chi dice che l’estrema sinistra ha votato Lega Nord dice dunque delle sciocchezze, se c’è stata fuga verso quel partito è stata irrisoria dell’ordine di 20 mila voti. Il PD ha mantenuto i suoi 12 milioni di voti circa, però ne ha presi 1 milione e 300 mila dal “Soccorso rosso”. E gli altri che mancano all’appello? Una parte va all’Idv di Di Pietro (circa 250 mila). Una parte va senz’altro a destra: c’è un cedimento a destra del PD. È un fatto grave. Perché c’è il 95% di probabilità che le zone il cui il PD è forte oggi siano le zone (e solo quelle) in cui era forte il PCI. Il PD è forte nelle regioni da Genova a Roma (Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio), perde invece in tutto il Nord e perde in tutto il Sud. Guadagna solo nelle “zone rosse”. Perché? Perché qui erano avvenute le scissioni post Bolognina. Il rischio del PD: diventare il vecchio PCI. È vero allora che il PD è uguale al vecchio partito comunista? No. Ma c’è un rischio che lo diventi, che ci sia un rinsecchimento dentro le vecchie geografie, dentro le vecchie stratificazioni sociali. E finché il dibattito politico rimane polarizzato tra Veltroni e D’Alema non è altro che il vecchio dibattito che c’era dentro il vecchio partito comunista. La classe del PD che sta emergendo, del resto, è quella del vecchio partito comunista, e questo è un problema politico che va affrontato e che va affrontato anche da chi proviene da quella tradizione. La domanda infatti è quella che ho posto all’inizio: come si fa ad ospitare elettori di FI, della Lega? L’Udc è scomparsa, quello sì che è un partito finito. Alle prossime elezione sparirà. Perché nei sistemi bipolari i partiti centrali non alleati saltano, la storia lì è già segnata. Non bisogna sperare nell’Udc. Con colpevole ritardo di due anni si ammette che nel 2006 il centrosinistra non ha vinto le elezioni. Il primo errore di Prodi è stato di non fare la grande coalizione, lì ha cominciato a perdere voti, poi dopo un mese ha fatto l’indulto, e la frittata è stata fatta. Il fenomeno Lega Nord. Le ragioni del successo elettorale. Decisivo per decidere gli esiti elettorali in queste ultime tornate elettorali (negli ultimi 15 anni) è sempre stato il Sud. Gli esiti del voto nazionale sono stati decisi da cinque regioni: la Sardegna, il Lazio, la Campania, la Puglia e la Calabria. Lì il voto non è libero, è a blocchi. Qualcuno si sposta e gli altri seguono. Perché la Lega prende così tanti voti? Sfatiamo alcune cose che si sono dette: non è vero che è un partito fortemente radicato nel territorio, non è vero che sta in mezzo alla gente. Non è nemmeno perché c’è la globalizzazione. Le ragioni sono altre: Al 90% il voto Lega viene dal Popolo delle Libertà. Se Prodi non piaceva, non piaceva nemmeno Berlusconi. È vero invece che ogni volta che la gente è arrabbiata, vota per la Lega, che ha in questo fattore una forte rendita di posizione. Ogni volta che la gente del Nord ha la percezione della crisi economica, vota per la Lega. Lo dimostra anche il fatto che oggi l’83% di chi vota Lega pensa che la sua situazione economica è peggiorata rispetto a 2-3 anni fa. Nessuna forza di centrosinistra è riuscita a trovare una risposta, in 25 anni, a quando l’elettore ha paura per le sue tasche. La sicurezza, tema dominante della campagna elettorale 2008. La Lega invece riesce sempre a interpretare le issues dominanti. In questa campagna elettorale il tema dominante era la sicurezza. Nel 1992 era la corruzione, nel 1996 il secessionismo, il federalismo. Oltre l’85% dell’elettorato veneto ritiene che il problema sicurezza sia il maggiore problema della società veneta. E chiede una risposta del tipo: prima la sicurezza, poi l’integrazione. Non contemporaneità, ma politica dei due tempi! Ricordo che i paesi socialdemocratici (Inghilterra, Svezia) sono i più duri nei confronti della questione immigrazione (Blair ha vinto due volte le elezioni con programma di stampo nazista in tema di sicurezza).. Il centrosinistra al Nord rischia l’isolamento sociale: è sotto di 14 punti nel Nordovest e di 15 punti nel Nordest. Le regioni rosse (Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche), come nel 1948, sono le uniche regioni il cui il centrosinistra ha una chiara maggioranza. L’unico ceto in cui il PD ha una chiara maggioranza è quello dei dipendenti pubblici e qualcosa tra i pensionati. Il problema politico del PD è dunque questo: se si pensa che il PD possa essere il partito dei pubblici dipendenti e dei pensionati, confinato nelle zone rosse del Paese, la domanda è se, alla fine, prima o poi non verranno travolte anche quelle. |