La risposta dei rappresentanti del Governo incontrati è stata molto prudente, sicuramente troppo generica e lontana dalle aspettative, ma mi auguro che la capacità dimostrata dai sindaci di essere uniti sull’obiettivo dell’autonomia fiscale, indipendentemente dalle appartenenze partitiche, sia contagiosa e contagi tutti i parlamentari veneti e friulani e tutti quelli del Nord.
Unici assenti i sindaci della Lega! Che pena questi sindaci leghisti che si scoprono improvvisamente (per ordine di scuderia) iper realisti, iper moderati e fans della gradualità. Altro che federalismo solidale, basta con il federalismo alla catalana o alla canadese, è arrivato il tempo del federalismo graduale!
La stumentalità di questa posizione è evidente e motivata solo dalla paura che la richiesta del 20% di Irpef ai comuni rubi la scena al loro movimento.
In realtà la richiesta dei sindaci del Piave è giusta e sacrosanta. E’ vero, non è il federalismo fiscale. La misura di per sé non è né federalista né antifederalista. E’ semplicemente giusta. E come tale, siccome supera la grande iniquità dei trasferimenti statali ai comuni fatti sulla base della spesa storica, è un provvedimento che renderà più facile, più veloce, meno graduale e più efficace qualsiasi forma di federalismo fiscale si deciderà di adottare.
Qualsiasi faccia assumerà, infatti, il federalismo fiscale in Italia o sarà una presa in giro o dovrà rimodulare la distribuzione delle risorse fiscali nel Paese. Dovrà, per esempio, stabilire qual è il costo medio del servizio sanitario, o di quello per l’istruzione e togliere risorse a quelle regioni che per gestire quei servizi sono abituate a spendere molto di più della media. Fare questo sarà molto più facile e agevole se i trasferimenti dello stato saranno fatti sulla base della ricchezza prodotta e non sulla base della spesa storica come avviene oggi.
I provvedimenti tesi al risparmio della spesa pubblica degli enti locali hanno avuto tutti, fino ad oggi, un carattere fortemente deresponsabilizzante. Si è trattato, infatti, di provvedimenti che hanno colpito gli enti tutti allo stesso modo buoni o cattivi che fossero in tema di gestione delle risorse pubbliche. Ma è evidente a tutti che il blocco delle assunzioni non pesa allo stesso modo sul comune che ha un dipendente comunale ogni 500 abitanti e su quello che ne ha cinque volte tanti. Allo stesso modo l’eliminazione dell’ICI ed il mancato rimborso di tale gettito da parte dello Stato non penalizza allo stesso modo i comuni veneti dove l’evasione di tale imposta è pressoché nulla e quelli di regioni dove l’evasione dell’imposta immobiliare sfiora il cinquanta per cento. L’attribuzione del 20% dell’Irpef ai comuni, viceversa, è un provvedimento che responsabilizza e incentiva i comuni ad operare a favore dello sviluppo economico locale.
La devoluzione ai comuni del 20% dell’Irpef, dunque, non è la soluzione ai mali d’Italia, ma è sicuramente un modo semplice, attuabile già nella legge finanziaria 2009, di immediata applicazione, facilmente comprensibile da tutti che rende giustizia di un sistema iniquo che ha premiato per decenni sprechi e inefficienza, mette in moto comportamenti virtuosi e rende più facile l’attuazione di qualsiasi progetto di federalismo fiscale.
Diego Bottacin |