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Treviso
GIANCARLO DE LAZZARI
La manodopera italiana è scarsa: che errore chiudere le frontiere

Il ministro Maroni ha annunciato una moratoria totale dei flussi di immigrazione programmata, in particolare per manodopera destinata all’industria. Che ne dice un imprenditore come lei che di immigrati si avvale tutti i giorni nella sua azienda?

Certamente è necessario regolare e forse ridurre i flussi di immigrati se la crisi si aggraverà, ma prevedere una moratoria totale ora sarebbe sbagliato e controproducente perché priverebbe l’industria manifatturiera di manodopera qualificata essenziale per poter restare nel mercato in modo competitivo. Semmai, per quanto riguarda la manodopera destinata all’industria manifatturiera, si tratta di gestire i flussi in modo mirato, assecondando le esigenze delle aziende che non trovano quel che cercano sul mercato nazionale.

 

Se l’industria ha bisogno di manodopera qualificata, perché non assumete operai italiani in zona?

Magari ci riuscissi. La mia azienda ha bisogno soprattutto di tubisti, carpentieri, elettricisti e aggiustatori meccanici, ma di italiani con questa qualifica e in cerca di lavoro non ne troviamo.

 

Neanche giovani?

Ancora peggio. A Marghera, nella mia azienda, vengono continuamente in visita studenti degli istituti professionali veneziani, ma nessuno di loro dopo il diploma si è presentato in azienda per l’assunzione. Non vogliono sporcarsi le mani in officina e non hanno alcun interesse per professionalità che hanno bisogno di anni di esperienza lavorativa per essere tali.

 

Allora come fate?

Alla Berengo siamo riusciti a trovare e assumere due giovani: uno è figlio di un albanese già residente qui; l’altro è un argentino, discendente di emigrati veneti. Per il resto abbiamo più di 30 dipendenti stranieri, molto qualificati, che andiamo a cercare in Romania e in altri stati a nostre spese.

 

Dunque, gli immigrati sono indispensabili e il segretario della CGIL trevigiana, quanto i ministri Sacconi e Maroni, sbagliano?

Si tratta di una questione oggettiva, che non deve avere connotati ideologici, di destra o di sinistra che sia. Dobbiamo prendere atto della realtà. C’è una forte domanda di badanti, collaboratori familiari e lavoratori stagionali per il settore turistico che caratterizza la nostra provincia. Ma c’è anche l’industria che ha bisogno di questa manodopera. Se ci crediamo ancora, soprattutto oggi davanti alla crisi finanziaria mondiale e ai danni che sta provocando nell’econnomia reale, dobbiamo cercare di soddisfare i bisogni delle aziende programmando flussi di immigrazione mirati alle esigenze di ogni relatà territoriale. Per esempio, se riprenderanno i lavori del Mose, dove troveremo gli impiantisti di cui ci sarà bisogno? Saremo costretti a cercare all’estero.

 

Non c’è il rischio che gli immigrati rubino il posto di lavoro al numero sempre maggiore di lavoratori italiani qualificati ma licenziati da industrie in crisi di Porto Marghera o della nostra provincia?

Se ci fossero sarebbero i primi ad essere assunti, ma per adesso non ci sono e dobbiamo arrangiarci con gli immigrati, interessati e disponibili molto più degli italiani.

 


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