Oggi più che mai abbiamo la necessità di rivedere i parametri del patto di stabilità applicando un criterio meritocratico, ossia rovesciando completamente la logica attuale che, basandosi sulla spesa storica, premia i comuni "spendaccioni" e penalizza quelli più "virtuosi".
Nell'ambito della discussione per la fiducia al Decreto anticrisi è stato pochi giorni fa approvato un ordine del giorno presentato dal PD, su cui l'esecutivo aveva espresso parere contrario, che impegna il Governo "a valutare la possibilità di escludere dai saldi utili del patto di stabilità interno i pagamenti a residui concernenti spesi per investimenti effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa a fronte di impegni regolarmente assunti ai sensi del testo unico degli enti locali". Un odg, si sa, sostanzialmente privo di effetti concreti che è servito più che altro da sponda alla Lega che, dopo aver votato la fiducia al decreto anticrisi, si è astenuta su questo ordine del giorno, confermando la preoccupante tendenza schizofrenica di chi appoggia le scelte del Governo e poi, appena fuori dall'aula, incita i "suoi" sindaci a disobbedire a regole che ha contribuito a legittimare.
Le contraddizioni che continuano ad emergere nel corso di questo eterno dibattito sul patto di stabilità, dovrebbero chiarire a tutte le forze politiche quanto deleteria sia la rincorsa a fregiarsi di sempre nuove etichette nordiste (Galan che propone un modello alla CSU bavarese; il PD con il Coordinamento del Nord; la Lega che pretende l'esclusiva). In realtà, il vero "Partito del Nord" si deve costruire in Parlamento, sulle singole questioni che toccano gli interessi della nostra area, con alleanze trasversali, a partire dal federalismo.
Sul Patto di stabilità urge quindi fare un ulteriore passo avanti, rivedendo completamente, ed in chiave meritocratica, i suoi criteri di applicazione. A questo proposito voglio ricordare un emendamento alla Finanziaria 2009 presentato dalla deputata Simonetta Rubinato, e sistematicamente respinto come tutti gli altri riguardanti il patto di stabilità, che stabiliva deroghe "per gli enti con trasferimenti erariali pro-capite inferiori alla media nazionale e rapporto medio tra dipendenti in servizio e popolazione residente non superiore a quello determinato per gli enti in condizioni di dissesto". Nella situazione di crisi economica che stiamo attraversando, la revisione del patto di stabilità è improrogabile. Ricordiamo, infatti, che tale vincolo influisce pesantemente non solo sulla spesa sociale ma anche sui programmi per la realizzazione di infrastrutture ed opere pubbliche e, di conseguenza, sulla redditività delle imprese fornitrici e subfornitrici degli enti locali mettendo quindi in serie difficoltà finanziarie le imprese, già sottoposte a restrizioni del credito. |