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07/02/2009
Treviso

COMUNI E PROVINCE. SE NON SI CAMBIA FEDERALISMO ADDIO


Chiedete ad un cittadino qualsiasi come si chiama il Presidente della Provincia e domandategli se sa cosa fa una Provincia. È probabile che risponderà correttamente alla prima domanda ma sulla seconda saprà ben poco.

Significa, questo, che le Province sono inutili? Il dibattito di questi giorni tra chi ne difende a spada tratta l'esistenza e tra chi, invece, ne vorrebbe la soppressione, merita un approfondimento e lascia spazio a soluzioni intermedie, più riformiste e meno populiste. Rozza e ispirata esclusivamente da logiche di conservazione corporativa è stata la sceneggiata di Muraro, e della Provincia di Treviso, che venerdì scorso ha voluto dare un particolare rilievo pubblico alla giornata nazionale "dell'Orgoglio Provinciale" facendo approvare acriticamente il documento dell'UPI (Unione Province Italiane) e affermando che "chi vuole toccare le Province non vuole il federalismo!".

In realtà è vero il contrario. Ed è solo la "casta" politica che sembra (o finge di) non accorgersene. E' proprio per far sì che il Federalismo, una volta approvato, possa funzionare, che vanno riviste e definite con esattezza le funzioni di tutti gli enti di governo anche locali. Questo, infatti, unitamente alla definizione dei costi standard delle prestazioni, potrà consentire di stabilire ciò che dovrà essere finanziato, e con quale tipo di tributo, ai vari livelli istituzionali.

Ma il riordino delle funzioni è indispensabile anche per dare la necessaria efficienza alla pubblica amministrazione. Sono così tante e tali le sovrapposizioni di competenze che il governo locale è diventato un labirinto di politici, funzionari, enti, agenzie ed uffici accentrati e decentrati che, occupandosi spesso della stessa materia, hanno finito col generare: proliferazione assurda di personale politico, crescita insostenibile dei costi di struttura, paralisi decisionale. E' necessario chiudere la stagione del "tutti fanno tutto": l'esercizio di ogni funzione deve essere esercitato ad un solo livello di ente locale, con la conseguente soppressione di tutte le strutture amministrative esistenti agli altri livelli.

Sarebbe bene che la classe politica, anziché fare di tutto per conservare l'esistente al fine di garantirsi margini di sopravvivenza, si dedicasse alla ricerca di una sintesi attuabile, tra le proposte di riforma in campo, perché la crisi economica sta rendendo totalmente insostenibili sprechi ed eccessi.

Non può che essere la Costituzione (come modificata dal nuovo Titolo V) il faro-guida. Ai Comuni vadano attribuite tutte le funzioni amministrative (individuando la dimensione demografica minima al di sotto della quale è obbligatorio l'accorpamento) e vadano istituite le Città metropolitane sostitutive delle attuali Province.

Le Province diventino enti strumentali dei Comuni per l'esercizio di tutte le funzioni territoriali di area vasta, assumendo dalla Regione tutti i compiti gestionali e amministrativi. Per questo assorbano le competenze di comunità montane, consorzi di bonifica, ato idrici, ato rifiuti, genio civile, e di ogni altro ente gestionale intermedio. E dato che esercitano prevalentemente le funzioni amministrative attribuite dalla Costituzione, in via esclusiva, ai Comuni, le nuove Province non siano elettive, ma nominate dall'assemblea dei Comuni stessi.

Le Regioni così si potrebbero concentrare esclusivamente sul proprio compito essenziale (quello che oggi svolgono peggio) di legislazione, programmazione e coordinamento del sistema territoriale, demandando finalmente le funzioni gestionali e operative che continuano impropriamente ad esercitare.

Il riordino dovrebbe, infine, completarsi con l'accorpamento o la soppressione anche da parte dello Stato di gran parte di enti, agenzie e organismi territoriali.

Sono convinto che solo così si possa avviare un cambiamento di portata epocale nell'ordinamento del nostro Paese che vada nella direzione della semplificazione, dell'efficienza, del superamento di ogni inutile duplicazione di enti e di funzioni, dell'eliminazione di sprechi affinché il Paese esca dalla crisi, più capace di competere anche grazie ad un sistema politico ed amministrativo rinnovato e moderno.


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