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10/02/2009
Venezia

Blocco dei flussi: proposta inefficace


L'immagine è talmente forte che per un attimo la ragione può vacillare. È comprensibile. Orde di immigrati che si riversano nel nostro Paese già colpito dalla crisi dove molti, nativi e stranieri, sono in cassa integrazione o addirittura disoccupati. E queste orde si aggirano minacciose innescando la miccia della guerra tra poveri per la conquista del lavoro o ingrossando le fila della criminalità. Quindi la soluzione per evitare questa bomba ad orologeria è quella di bloccare i flussi. Sembra un'effermazione di puro buon senso: ora che c'è la crisi già facciamo fatica a trovare lavoro noi, non serve che arrivi gente da fuori. Sarebbe logico se il decreto flussi servisse realmente a regolare i nuovi ingressi e se le imprese non avessero effettivamente più bisogno di lavoratori. Ma in entrambi i casi non è così.

Portiamo ad esempio il decreto flussi 2008 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale a dicembre 2008): le quote di lavoratori extracomunitari ai quali viene consentito l'ingresso sono 150.000. Prima nota rilevante: le quote saranno interamente attinte dalle richieste inviate agli sportelli unici per l'immigrazione entro il 31 maggio 2008. Semplificando, il decreto flussi 2008 non consente la presentazione di nuove domande di nulla osta ma solo di esaminare (quindi di accertare se i datori di lavoro sono ancora interessati) le domande già presentate per il decreto flussi 2007 e risultate in esubero rispetto alla quota complessiva di ingressi autorizzata dal decreto flussi 2007. Quante sono le domande in esubero? Circa 540.000. Ora, chi conosce la Bossi-Fini sa anche che il decreto flussi funziona a "chiamata" ossia un datore di lavoro chiede che uno straniero, del quale conosce nome e cognome e altri dati anagrafici, possa essere incluso nelle quote perché ne ha bisogno o come lavoratore dipendente della sua azienda o come collaboratore familiare. Quanti sono gli imprenditori che assumerebbero a scatola chiusa una persona senza vederla neppure una volta? Quante sono le famiglie che affiderebbero i loro cari ad un completo sconosciuto? La verità è che la maggior parte delle persone "chiamate" sono già qui, stanno già lavorando e, nonostante abbiano un datore di lavoro disposto a regolarizzarle, sono e resteranno irregolari fino a quando non ci sarà una sanatoria. O fino a quando non riusciranno ad entrare nelle quote del decreto flussi che altro non è se non una sorta di "sanatoria" mascherata. Giusto o ingiusto è un dato di fatto.
Altra questione è l'esigenza reale delle imprese. A questo proposito credo che sia utile riportare due commenti autorevoli. Il primo è di Alessandro Vardanega, presidente di Unindustria Treviso, il quale afferma che il blocco dei flussi "è un falso problema. E' l'impresa stessa, che ora non assume, a non fare richiesta di manodopera non integrata. Per questo sostengo che bloccare i flussi per legge non ha senso". Il secondo è di Mario Moretti Polegato, presidente di Geox il quale sostiene che "fermare l'immigrazione è una follia, perché il Nord Est, senza stranieri, non sarebbe quel che è. Ed oggi non possiamo più farne a meno: la locomotiva, che già sta rallentando, si fermerebbe definitivamente".
Guardando al merito, quindi, il blocco dei flussi avrebbe due immediate conseguenze: 1) mantenere in una condizione di clandestinità quei lavoratori e lavoratrici stranieri che si trovano già in Italia da tempo e hanno un datore di lavoro disposto a regolarizzarli. La clandestinità è un rischio per questi lavoratori e per la società stessa in quanto produce esclusione sociale, emarginazione e, potenzialmente, devianza; 2) danneggiare le aziende che hanno bisogno di manodopera (come ricorda Confindustria) e le famiglie con parenti non del tutto autosufficienti che necessitano dell'apporto di fugure fondamentali come le badanti.
Chiariti questi punti, sarebbe ora di smettere di perdere tempo focalizzando l'attenzione su temi di facile presa comunicativa ma come abbiamo visto irrilevanti dal punto di vista di gestione della crisi e pensare a cosa realmente serve al Paese e al Veneto in particolare.


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