Sostiene Massimo Cacciari, uno dei padri nobili (e critici) di questo Pd terremotato dalle dimissioni di Walter Veltroni, che il nuovo segretario democratico dovrebbe avere delle caratteristiche molto precise: «Un Chiamparino (Sergio, sindaco di Torino, ndr) con una dimensione culturale nazionale e internazionale. Ma non è tanto una questione di nomi, bensì di quello che devono fare».
Che si fa? Per l'appunto: cosa si fa adesso? Secondo il sindaco di Venezia, che si è autoescluso da qualsiasi ruolo dirigenziale («Cacciari è vecchio, il nuovo segretario dev'essere sotto i cinquanta»), la prima cosa dovrebbe essere un congresso straordinario. Anzi: «Un congresso d'emergenza, chiamando a raccolta tutti gli spiriti vitali che credo il Pd abbia ancora. Altrimenti - ha aggiunto Cacciari - si arriva alle Europee con un ulteriore tracollo e, a quel punto, ci sarà lo sciogliete le righe». Lo spettro di una frantumazione del partito aleggia, altro che. A mezza voce nei discorsi della dirigenza, ma basta entrare in qualche gruppo di discussione su Facebook per scoprire che, tra i militanti di base (soprattutto quelli di provenienza popolar-margheritina), la figura di Veltroni era considerata l'unica in grado di garantire la tenuta del progetto iniziale. Diego Bottacin, ultimo segretario regionale della Margherita e rutelliano dichiarato, dà una chiave di lettura controcorrente: «Amareggiato sono amareggiato ma, paradossalmente, mi sento più ottimista di una settimana fa: quanto meno, siamo usciti dall'equivoco che stava soffocando il partito. Adesso, tutti i democratici di buona volontà aggiunge - sanno che si deve lavorare su un percorso di lungo respiro, non legato a uno 0,5 in più o in meno alle Europee. E sul progetto di Partito Democratico, se ci saranno tesi diverse, ci si confronterà in un congresso, com'è giusto che sia».
Poco coraggio Le dimissioni di Veltroni, però, non per tutti i democratici veneti sono state un gesto coraggioso e nobile. Daniela Sbrollini, deputata vicentina, la vede così: «Non era il momento per un passo indietro. L'addio del segretario può aprire la porta a conflitti e divisioni che il Pd non si può permettere alla vigilia di una tornata elettorale importante». Ancora più esplicito Andrea Causin, consigliere regionale di area cattolica: «Le dimissioni sono state una scelta irresponsabile, non si lascia così la guida del principale partito di opposizione nella fase di profonda crisi che sta attraversando il Paese. Detto questo - ribadisce Causin - il progetto del Pd va assolutamente rilanciato, perché il pericolo di un'involuzione del disegno originario c'è ed è concreto». Di poche parole Andrea Martella, parlamentare e dirigente tra i più vicini a Veltroni, che l'aveva chiamato a ricoprire il ruolo di ministro per le Infrastrutture nel governo ombra del Pd: «Stiamo valutando due ipotesi: un segretario-ponte nella persona di Franceschini o un congresso prima delle elezioni europee, anche se i tempi tecnici fanno propendere per un segretario di transizione. La discussione verrà affrontata sabato. Adesso è prematuro parlare di un nuovo segretario, chiunque sia». Va sul pratico Michele Mognato, già segretario provinciale dei Ds a Venezia, una delle poche realtà dove il centrosinistra veneto conosce l'abitudine a vincere: «È evidente che è un momento difficile. Per le scadenze amministrative dovremo contare solo sulle nostre forze e non potremo aspettarci un sostegno dal Pd nazionale. Dovremo puntare sulla storia del partito locale, sull'esperienza amministrativa e sul radicamento nel territorio di Davide Zoggia (presidente uscente e ricandidato alla guida della Provincia, ndr)». Il Pd veneziano, per reagire alla scoppola, ha deciso di guardare alla società civile, istituendo un osservatorio permanente per ascoltare gli imprenditori, le categorie economiche, le associazioni e i cittadini comuni. Sintetizza il coordinatore provinciale, Gabriele Scaramuzza: «Bisogna chiarire una volta per tutte se apparteniamo a una delle tante chiese che hanno aderito al progetto democratico o se apparteniamo al Pd. Dobbiamo tirarci su le maniche e ridare entusiasmo ai nostri militanti locali. Serve un colpo di reni».
L'amarezza Filippo Silvestri, segretario regionale dei giovani democratici, non nasconde l'amarezza: «La delusione è grande, Il Pd è riuscito in poco più di un anno a fagocitare, in quelle che ai nostri occhi appaiono solo come congiure di palazzo, il proprio segretario nazionale. Ma dobbiamo restare in piedi e stringere i denti». Saggio consiglio: la nottata si annuncia lunga. Alessandro Zuin |