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20/03/2009
Treviso

Oltre la crisi
di Franco Lorenzon, Segretario genrale CISL Treviso


È giusto e doveroso traguardare nel medio/lungo periodo una fuoriuscita della crisi che non riproponga le stesse contraddizioni che l’hanno determinata. Tuttavia è bene da subito concentrarsi – anche a Treviso – su come sia possibile intanto “spegnere l’incendio”.
La crisi fi nanziaria è diventata crisi industriale, e la crisi industriale è divenuta crisi del lavoro.

Questa iniqua transazione di effetti dallo speculatore fi nanziario al lavoratore in fabbrica (coinvolgendo anche il terziario, il lavoro autonomo ed il lavoro pubblico), pone innanzitutto il problema di come affrontare l’impatto occupazionale, divenuto più grave che in altre circostanze a causa del fatto che oggi non ci sono “vie di fuga” verso ambiti produttivi capaci di assorbire, come in passato, gli esuberi delle grandi e medie aziende.

Una certa euforia iniziale che pensava il nostro Paese al riparo dai contraccolpi fi nanziari e che la soluzione dei problemi potesse avvenire “altrove” senza coinvolgere la nostra economia reale, è ormai caduta. Ed anche i richiami all’ottimismo – che pur hanno una qualche utilità – non possono nascondere la dura realtà quotidiana.

Non abbiamo ancora “toccato il fondo” e già ora il ricorso alla Cassa Integrazione ed a processi di mobilità appare generalizzato, consistente e di non breve durata. Se teniamo conto che la riduzione del Pil di circa 1 punto percentuale avvenuta nel 2008 rappresenta la sommatoria di 9 mesi positivi e di 3 negativi, è altamente probabile che il 2009, apertosi negativamente come si era chiuso il 2008, presenterà percentuali di riduzione molto più consistenti.

Qualcuno (prof. G. Bianchi – ISRIL) sostiene che questa situazione viene anche alimentata dal sospetto che le imprese attivino operazioni preventive di “pulizia occupazionale” per prepararsi al peggio e per rafforzare la propria richiesta di aiuti allo Stato.

Non sappiamo quanto questa interpretazione sia fondata, ma è certo che spesso siamo in presenza di un approccio “sbrigativo ed unilaterale” di datori di lavoro che si guardano bene dal mettere in causa le rendite fi nanziarie accumulate negli anni rampanti della fi nanza ed i profi tti di cui, nel loro assieme, le aziende hanno goduto di recente nel corso dei buoni andamenti economici, senza che questi siano ritornati nella aziende, come dimostra la loro insuffi ciente dotazione patrimoniale. Chiedere dunque alle imprese di sacrifi care parte dei profi tti accumulati a sostegno dell’occupazione non è solo fare appello alla loro “responsabilità sociale”, quanto evitare la dispersione di un capitale umano che può indebolire le stesse imprese ora e nel momento della ripresa.

Attualmente l’attivazione dei sistemi di informazione e di consultazione avviene, il più sovente, a valle delle decisioni di impresa, nel momento in cui le scelte strategiche sono già avvenute, per cui il confronto con il Sindacato si riduce alla gestione delle esuberanze di personale.

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