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18/07/2009
Treviso

Sud arretrato Nord arrabbiato: non e' un destino


Riaprire il dibattito sulle riforme e' necessario: se il nostro Paese non coglie ora l'occasione per modernizzarsi, si ritrovera' tra qualche mese, passata la crisi, ancora più penalizzato nei confronti degli altri Paesi più moderni e attrezzati ad affrontare la competizione globale. E a rimetterci saranno, in misura maggiore, i soggetti “deboli” del nostro attuale sistema: coloro che resteranno esclusi da welfare e ammortizzatori (lavoratori precari, dipendenti di piccole imprese, donne sole, stranieri), i giovani che troveranno sempre più chiuse le porte dell’”ascensore sociale”, coloro che desiderano rischiare in un’impresa ma non hanno le garanzie di papà, i “cervelli” che saranno costretti ad emigrare.
Senza le riforme non puo' esserci maggiore giustizia sociale, senza le riforme e' impensabile riuscire ad estendere il welfare, a distribuire con maggiore equità la ricchezza, ad allargare le opportunità, a ridurre il divario ricchi-poveri, ad attuare quelle politiche ambientali oggi piu' che mai indispensabili a garantire un futuro sostenibile.
E riforme in Italia significa, come come ha ben sintetizzato Mario Monti: “riduzione strutturale della spesa pubblica corrente, riforma delle pensioni, riforme incisive nella scuola e nell'università, introduzione di una maggiore concorrenza per aprire i mercati e ridurre le rendite, liberalizzazione dei servizi”. A queste ne aggiungerei solo un’altra: attuazione rapida, molto più rapida di quanto ipotizzato dal decreto Calderoli, dei principi del federalismo fiscale.
A questo punto, ecco pero' gli ostacoli: riforme di questo tipo rischiano di diminuire anziche' aumentare il consenso. Rischiano di far scoppiare contraddizioni che potrebbero diventare ingestibili, di creare uno strappo insanabile tra diverse parti del Paese e segnatamente tra un Sud arretrato e assistito ed un Nord più efficiente ed europeo.
Durante il governo Prodi, con Bersani ministro eravamo riusciti ad attuare le piu' incisive liberalizzazioni di cui ancora adesso milioni di cittadini italiani godono i benefici (farmaci meno cari grazie alla vendita nei supermercati, eliminazione della “tassa” sulle carte ricaricabili delle compagnie telefoniche, obbligo per la banca di comunicare al cliente le variazioni al contratto del conto corrente, eliminazione delle penali per chi chiude un conto corrente, abolizione dell'obbligo dell'atto notarile nel caso di passaggio di proprietà di automobili, moto e barche, ecc.). Tuttavia si sono udite molto forti le proteste e le lamentazioni dei pochi che a causa del decreto hanno perso i loro privilegi mentre è stata afona od inespressa la soddisfazione di coloro che tali “benefici” hanno ottenuto.
Giustizia sociale, coesione, opportunità, fiducia ai giovani sono possibili solo con una forte innovazione. L’innovazione che chiede il Nord non e' per il Nord ma per far crescere tutto il Paese. E' indispensabile pero' far capire a tutti che si vive meglio, molto meglio, in una comunità dove i comuni erogano servizi migliori con un terzo dei dipendenti, dove la sanità è più efficiente e costa meno, per fare solo due esempi.
Può essere questa la missione del PD del Nord? Credo di sì. Il PD del Nord, a mio avviso, non è né un partito-sindacato degli interessi territoriali (che, tra l’altro, ci vedrerbbe sempre e comunque soccombere di fronte alla superiorità numerica e alla maggiore attitudine a far squadra delle altre regioni), né una Lega di sinistra, come amabilmente suggerisce Bepi Covre. IL PD del Nord deve essere lo strumento capace di far diventare “popolari” in tutto il Paese le riforme necessarie e pertanto capace di rompere le resistenze, le paure e, soprattutto il blocco granitico degli interessi corporativi alla conservazione dello status quo.
Perche' se le ragioni delle riforme stanno al Nord, i benefici che ne verranno sono per tutti gli italiani. Perché un Sud arretrato ed un Nord arrabbiato non diventino il destino del nostro Paese.


P.S. Pare stia nascendo un "partito del sud". A questo proposito, segnalo l'intervista di Sergio Rizzo all'economista "sudista" Gianfranco Viesti, pubblicata sul Corriere del 17 luglio
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