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01/10/2009
Intervista su Europa del 29 settembre 2009

Cacciari: «Berlino docet, al Pd serve la svolta liberale»


«Il voto tedesco dovrebbe farci capire che il Pd deve muoversi nella direzione liberale. Se si va in quella opposta, quella di Oskar Lafontaine, il centrosinistra si suicida». Massimo Cacciari, sindaco di Venezia, filosofo e tra le menti più lucide del Partito democratico, cerca di trarre una lezione dal successo dei liberali tedeschi, e del crollo della Spd dice: «Le socialdemocrazie non scontano un vizio di “estremismo”, ma di conservatorismo, per aver voluto cercare di conservare disperatamente il vecchio modello di welfare, che andava invece radicalmente trasformato in ottica liberale».

Il successo dei liberali tedeschi e la crescita di quelli britannici vanno di pari passo con il declino delle forze socialdemocratiche nei due paesi e in Europa. Vedi un nesso tra le due tendenze?
Chiaramente il nesso c’è. Sia i liberali tedeschi che quelli britannici sono considerati più rappresentativi di certe tendenze che chiamerei post-welfare-statalistico. Il grande problema delle socialdemocrazie è di non aver compreso che per salvare lo stato sociale, per guarirlo dei suoi elementi burocraticostatalistici, sarebbero state necessarie profonde riforme di tutta la pubblica amministrazione: maggiore efficienza, riduzione dei costi, sburocratizzazione, delegiferazione.
Interventi che andavano affrontati con il necessario coraggio dopo che era entrato in crisi, già all’inizio degli anni Ottanta, il modello classico di welfare. Questa esigenza era diventata ancora più impellente dopo la caduta del muro di Berlino, che non poteva che mettere in cattiva luce complessivamente il termine “sinistra”, con cui non si sono mai definiti né i democratici americani, né, per fare un altro esempio vincente, quelli giapponesi.

Un problema anche di comunicazione...
Sì, bisognava abbandonare i vecchi termini e definirsi, il prima possibile, “democratici liberali”. Il successo dei liberali tedeschi e britannici occupa un vuoto, che si è prodotto per questa scarsa capacità di analisi, di progettazione e audacia riformatrice da parte delle socialdemocrazie.

La crisi economica porta acqua al centrodestra e alle formazioni dell’estrema sinistra. Perché penalizza la sinistra riformista che, sulla carta, dovrebbe essere invece avvantaggiata dalla crisi?
Perché la sinistra riformista insiste a immaginare, o almeno questa è la percezione, che la crisi del liberismo scatenato – che non ha niente a che vedere con il liberalismo – verrà superata restaurando in qualche modo i vecchi modelli di welfare. È un grande errore storico, politico e culturale.

Ma non si avverte nel mondo anche una spinta verso una nuova redistribuzione?
La redistribuzione può avvenire soltanto in un’ottica rigorosamente meritocratica e non astrattamente egualitaria. Un’ottica di radicale sburocratizzazione, semplificazione delle procedure, di vera liberalizzazione nel settore della pubblica amministrazione. Dove ottengo le risorse per difendere i giovani, fornire occupazione e aumentare gli ammortizzatori sociali, se non da lì?

Sia in Germania sia in Portogallo c’è anche un successo della sinistra radicale.
È residuale, e non lo enfatizzerei neanche tanto. La perdita del nucleo forte socialdemocratico premia da una parte le correnti liberali e dall’altro le più nostalgiche e reazionarie.
Io non ho mai enfatizzato neanche certe affermazioni dei neonazisti in Germania. Il comportamento elettorale di queste forze dipende in larghissima misura da quello dei grandi partiti centrali. Se i socialdemocratici dimostrano ancora di non sapere affrontare il mutamento in modo adeguato, allora l’area liberale può strutturarsi stabilmente intorno al 10-15%. Cosa analoga potrebbe avvenire in Italia.

Il sistema elettorale tedesco si sta dimostrando inadeguato a rappresentare il bipolarismo. Se ne rendono conto i suoi sostenitori nostrani?
Nessun sistema elettorale può modificare condizioni sociali e culturali profonde. O il sistema elettorale ha una qualche coerenza con le tendenze di fondo dell’opinione pubblica, o non funziona. Abbiamo perso anche troppi anni della nostra vita a fare ingegnerie istituzionali. Se le forze che riteniamo centrali non lo sono, il sistema bipolare non può funzionare.

Domenica Silvio Berlusconi, in un comizio, ha dipinto in modo bizzarro la sinistra italiana. Ma questo tipo di rappresentazione funziona ancora con il suo pubblico?
Ho troppa ammirazione per il fiuto di Berlusconi e di Bossi nei confronti della pancia di questo paese per poter dare loro consigli. Mi auguro che prima o poi queste demonizzazioni cessino e si torni, o si cominci, a ragionare di politica. Certo è che se il nostro linguaggio è ancora obsoleto, è possibile che certe rappresentazioni facciano breccia. Più il Pd si presenterà con un progetto riformistico chiaro, più lo spazio per questo tipo di demonizzazioni si chiuderà.


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