Presidente Amato, in Germania è crollata la socialdemocrazia. «È impressionante: i partiti socialisti europei sembrano birilli che cadono uno dopo l' altro. Alle Europee, il ps francese; per non parlare dei laburisti, ormai in attesa del cambio dell' anno prossimo a Londra; e anche il socialismo iberico comincia a scricchiolare, con Socrates senza maggioranza assoluta a Lisbona e Zapatero superato dai popolari a Madrid. L' unica speranza è Papandreu, che probabilmente riporterà il Pasok al governo in Grecia. Abbiamo tutti detto, nella famiglia socialista europea, che di sicuro non potevamo governare come avevamo fatto nel XX secolo, e che la nostra attualità era legata ai fini e ai valori che comunque esprimiamo. Ma l' abbiamo capito solo noi. Gli elettori non l' hanno capito».
Perché, secondo lei? «Perché non abbiamo avuto la capacità di interpretare il cambiamento. L' ho scritto nel quaderno della Fondazione Italianieuropei dedicato al tema del lavoro: i partiti socialisti non possono che rappresentare il mondo del lavoro, a meno di cambiare nome e natura. Ma se nel XX secolo potevano restare ancorati alla "constituency" di partenza del lavoro dipendente, che rappresentava una maggioranza sociale, oggi non è più così. Oggi, se non tieni conto del lavoro autonomo, semiautonomo, professionistico e naturalmente del lavoro precario, la maggioranza non la fai. Invece noi abbiamo badato a promettere un rafforzamento del welfare il più ampio possibile, non a costruire prospettive di vita. Il risultato è quello tedesco: chi è scontento, e non si aspetta governo ma rappresentanza della propria scontentezza, vota Linke; chi si aspetta governo non vota Spd».
I voti della Sinistra sono perduti o i socialdemocratici possono recuperarli? «Forse è bene sia andata così. L' Spd ha bisogno di ricostituirsi. Continuare con questa esperienza di governo sarebbe stato fonte di ulteriore corrosione. Stare troppo a lungo al governo fa del male; e l' Spd vi è rimasta davvero tanto. Tornare all' opposizione le farà bene. E consente di verificare se è possibile una forma d' intesa con la Linke, cresciuta grazie a una protesta che in assenza di responsabilità di governo si traduce in proposte non realizzabili. Siccome stare all' opposizione crea comunque legami, è da capire se sarà l' Spd a tradurre in proposte pratiche le inquietudini dell' elettorato, o la Linke ad assorbire in forme di radicalismo l' Spd. Ovviamente spero nella prima ipotesi».
Il paradosso è che il socialismo perde proprio quando vacilla l' egemonia del libero mercato e torna la mano pubblica. «Questo cambia di poco all' interno delle nostre società. Pesano di più fenomeni come le migrazioni e il difficile equilibrio tra le ragioni della sicurezza e le ragioni dell' integrazione. E pesa la trasformazione del mondo del lavoro che ha creato una specie di terreno supplementare di contesa politica, al di là del terreno classico che nel XX secolo era delimitato dal perimetro comune a sindacato e partito socialdemocratico. Sul terreno supplementare non arriva il sindacato, che tutela solo i lavoratori rappresentati dalla contrattazione collettiva. L' editoriale di Dario Di Vico sugli autonomi ha come rimescolato una pentola in ebollizione. Mi hanno colpito le molte lettere arrivate al Corriere: espressioni di un mondo che sta fuori dall' agone elettorale e non si è riconosciuto nei partiti socialdemocratici».
Sta dicendo che questi fenomeni hanno prevalso sulla crisi? «Sì. Inoltre, nessun partito di centrodestra al governo in Europa è portatore del liberismo che con tanta coerenza fu rappresentato dalla Thatcher. Obama è criticato dai repubblicani per la riforma della sanità, non per l' intervento nell' economia, peraltro avviato da Bush. Lo stesso hanno fatto Sarkozy e la Merkel».
Cosa cambia con i liberali al governo? «Pare che la Merkel li gradisca come alleati; forse perché ha in mente una politica più liberista, o perché sono più piccoli, e il pallino sta più facilmente in mano al partito maggiore. I problemi potrebbero venire dai diritti civili: Westerwelle, omosessuale dichiarato, porrà la questione delle coppie di fatto; sarà interessante vedere come reagirà il cancelliere cristianodemocratico».
Il sistema elettorale tedesco ha funzionato? «Si è confermato un sistema civilissimo, in grado di fotografare i nuovi orientamenti della società - e la crescita di nuovi partiti - meglio del brutale maggioritario britannico, e di garantire la stabilità meglio del nostro vecchio proporzionale».
Ha perso la grande coalizione? «È evidente che viene percepita come una fase transitoria. Fa molto fino dire che destra e sinistra non esistono più; ma molti elettori credono che abbiano ancora ragione di esistere, e non amano vederle troppo a lungo insieme. Anche la Cdu ha perso voti. I tedeschi dimostrano di avere stima per Die Mutter, mamma Merkel, più che per il suo partito».
In Italia era giusto farla nel 2006? «Non credo. La grande coalizione ha bisogno di un clima aperto alla collaborazione tra i maggiori partiti: da noi i toni sono da tregenda, e il premier definisce con tre volte "vergogna" un' opposizione che, a suo dire, brucerebbe le bandiere italiane. Con amarezza, mi viene da notare che i suoi colleghi europei di centrodestra battono il centrosinistra senza ricorrere a questi mezzi».
La crisi del socialismo convalida la nascita del Pd? «Sì. I partiti socialisti continuano a essere visti come partiti del secolo scorso. Anche i laburisti britannici, che con Blair e Giddens avevano fatto i maggiori sforzi di adeguamento, finiscono per essere coinvolti nella prospettiva più larga legata alla rappresentanza di lavoratori che non sono più quelli fordisti di metà ' 900».
Lei andrà a votare alle primarie del Pd? «Può darsi, ma con voto segreto. L' incarico che mi ha affidato il capo dello Stato all' Enciclopedia italiana mi impone di mantenermi fuori dalle contese politiche».
Come starà la nuova Germania in Europa? «Vedendo l' atteggiamento introverso e assai meno europeo degli ultimi anni, mi sono ricordato di cosa diceva Kohl, le ultime volte che ci vedevamo: "Facciamo presto, perché quelli che verranno dopo di me saranno molto meno interessati all' Europa". I governanti di oggi non si sentono più responsabili della guerra e non ritengono più che la Germania abbia bisogno dell' Europa per farsi legittimare. In più i Länder premono per evitare altri trasferimenti di competenze a Bruxelles, e in campagna elettorale la Merkel non poteva non tenerne conto. Io continuo ad augurarmi che Berlino riprenda il ruolo di motore dell' integrazione. È una partita decisiva per il futuro di tutti noi, perché i nostri destini si giocano a un tavolo nuovo, dove pesano la Cina e altri paesi un tempo esclusi. Un conto è se a quel tavolo si siede l' Europa, un altro se si siedono tanti piccoli europei. O lo vuole la Germania, o non ci sarà nessuno a trainare la costruzione europea».
Aldo Cazzullo |