Se la massa elettorale del Partito Democratico è nel Mezzogiorno, come dimostra la distribuzione del numero dei votanti alle Primarie nelle diverse regioni, la sua azione politica deve contenere lo stile e le proposte dell’agenda del Nord. Solo così sarà utile anche al Sud, al suo sviluppo.
È questa di gran lunga la sfida più difficile che spetta a Walter Veltroni, a capo di un partito che deve assumersi il compito di far crescere la parte d’Italia che ancora rimane indietro senza frenare, anzi esaltando, la funzione di leadership socioeconomica della parte più moderna ed europea del Paese. È questa la condizione perchè il centrosinistra possa governare stabilmente.
L’altra condizione essenziale è “smetterla di farsi del male”, innescando continue polemiche interne su argomenti totalmente autoreferenziali, di nessun interesse per gli elettori, e buone solo a rovinare il clima di entusiasmo che circonda il progetto PD.
Conquistare il Nord
Non nascondo che il baricentro “sudista” del PD, dal punto di vista elettorale, è un aspetto che mi preoccupa. Passi di consapevolezza in avanti, certo, ne sono stati fatti. Lo stesso Veltroni è uno dei politici italiani più consapevoli della necessità di un cambio di mentalità e di marcia radicale, come ha dimostrato anche sabato a Milano.
Questo è il vecchio-nuovo compito che la classe dirigente del PD veneto dovrà assumersi, in continuità con il lavoro svolto in questi anni dal centrosinistra: portare al centro della proposta politica del PD l’agenda del Nord per il Paese - dalla riforma dello Stato alla sicurezza, dalla sburocratizzazione ad una politica economica orientata prima alla crescita e poi alla redistribuzione, dalla riforma del welfare alle realizzazione della rete infrastrutturale. Un’agenda politica, imperniata sui valori di merito e responsabilità, che è il passo necessario per ridare slancio a tutto il Paese e far uscire il Mezzogiorno dalle paludi del sottosviluppo.
Che sia ora di dire basta e di mettersi a correre lo impongono i numeri. I cospicui fondi strutturali europei che si sono riversati negli ultimi 10 anni, sulle aree depresse d’Europa, dall’Irlanda alla Spagna, dal Portogallo al Sud Italia, solo nel nostro Paese sono diventati assistenzialismo e mantenimento di sottosviluppo: ingenti quantità di denaro sono rimaste non spese o sono state sperperate o, peggio, hanno alimentato le reti mafiose, quando invece all’estero hanno creato ricchezza e sviluppo. Sviluppo misurabile non solo in termini di aumento del PIL ma anche, e soprattutto, di aumento della dinamicità sociale, di riscatto dalla povertà per ampie fasce della popolazione, di opportunità per i giovani. Mentre da noi le troppe corporazioni tengono la mobilità sociale ai livelli più bassi del Vecchio Continente.
Una nuova forma partito
Un partito plurale e di progetto, non delle tessere (e dunque delle correnti, dei pesi e contro pesi, delle oligarchie). L’ambizione è quella di creare un partito nuovo per modalità di partecipazione alla vita democratica dei suoi organismi e di elaborazione della progettualità politica. È quella di riuscire a ricucire lo strappo tra la gente, la politica e i partiti.
Ma per riconciliare il corpo sociale con la politica bisogna consolidare l’apertura messa in campo con le Primarie. La straordinaria partecipazione – 3,5 milioni di votanti in Italia, oltre 181 mila in Veneto - infatti, è stata un’apertura di credito importante, ma che può andare facilmente dispersa se non si mettono in campo nuovi strumenti di partecipazione.
Come mantenere vivo il collegamento con quanti, andati a votare domenica 14, sono interessati a partecipare e a dare il loro contributo alle politiche del PD, pur senza un impegno diretto e continuativo? Come dare loro potere consultivo e decisionale effettivo? È lecito immaginare delle liste molto inclusive di cittadini attivi, da consultare stabilmente sulle scelte del partito, tramite gli strumenti interattivi che le nuove tecnologie mettono in campo, a cominciare da internet.
Invece, alla inevitabilmente più ristretta cerchia di persone disposte a impegnarsi di più e più continuativamente nel partito e nelle istituzioni spetterà il compito della formazione politica (non c’è cosa più nociva per un paese che avere politici e amministratori incapaci) e della selezione della classe dirigente.
Le alleanze
Essere partito di progetto significa trovare la propria coesione interna, oltre che su un nucleo fondante di valori, su un pacchetto di soluzioni attuabili, non ideologiche, ai problemi del Paese. E a partire dalla condivisione delle ricette creare alleanze solide. Solo così il PD potrà liberare la sua spinta riformatrice e non vederla spegnersi in un’estenuante gioco di mediazioni all’interno di una coalizione troppo estesa, frammentata ed eterogenea. |